Intelligenza Artificiale e Intelligenza Umana, è sottile il confine?
L’IA come la conosciamo oggi non è nient’altro che una macchina generica (o anche software) che riesce ad eseguire dei compiti programmati nel suo processore; l’uomo, invece, impara dall’ambiente circostante o da altri individui uno specifico compito e poi è in grado di replicarlo. Detta così, possiamo affermare che siamo indistinguibili dalle macchine ma, in realtà, ho trascurato un particolare abbastanza importante, noi abbiamo una coscienza, cioè abbiamo il potere decisionale.
I movimenti, gestualità o calcoli che un essere umano può fare, posso essere codificati in algoritmi e quindi linguaggio matematico che può essere appreso da una macchina. Già dalla metà degli anni 50 si iniziavano a progettare IA in questo modo, trascurando quindi l’aspetto psicologico dell’uomo. Nel 1987, al Convegno IJCAI di Milano si discusse sulle prospettive di crescita dell’IA e da lì in avanti si è parlato sempre di più di 'artificial consciousness'
Il legame tra uomo e coscienza viene studiato con un riguardo maggiore, non viene solo più lasciato al puro dibattito filosofico. Il modo in cui facciamo esperienza è uno dei tasselli cruciali da comprendere. Se paragoniamo l’uomo alla macchina, possiamo vedere come il sapere di un computer si crea passandogli dei dati, la sua è una conoscenza indiretta, mediata dal programmatore. Noi esseri umani, prima di “immagazzinare†i ricordi nella nostra mente, viviamo l’esperienza attraverso il nostro corpo; bisogna quindi capire come formalizzare quest’esperienza per una macchina. Anche se noi creassimo un corpo per un IA, ricco di sensori di ogni genere, non saremo in grado di codificare le sensazioni. L’ esempio più lampante è quello del dolore, ognuno di noi ha una propria percezione di esso, come possiamo trasferire questa sensazione ad una macchina quando neanche noi sappiamo quantificarla?
Un altro punto chiave è l’organizzazione della nostra mente; non siamo ancora in grado di capire come vengano collocati i dati al suo interno, in particolare non sappiamo il loro funzionamento (“salvaggio†o “cancellazioneâ€). Il Neuropsichiatra Italiano Giulio Tononi è l’ideatore della tesi più influente in questo campo, la quale si può riassumere così:
Per creare un algoritmo abbiamo bisogno di schematizzare il processo ma, dalla sua citazione, possiamo capire la difficoltà, o addirittura l’impossibilità, di dividere la coscienza in “pacchetti†d’informazioni; la nostra mente non è un hard disk, non possiamo cancellare, spostare o trasferire ricordi. Il nostro corpo è un tutt’uno con la nostra coscienza e viceversa.
I vari scienziati-pensatori odierni sono divisi da due idee opposte. Da un lato abbiamo un pensiero più "fantascientifico" in cui le macchine possano diventare “pensantiâ€, dall’altro, invece, che le macchine possano divenire più intelligenti, ma mai coscienti.
Intelligenza artificiale forte , cioè quella che crede in macchine uguali a noi, è la teoria dei visionari della silicon valley Interessante notare che anche se questa tecnologia non è ancora stata sviluppata, si hanno due fazioni di pensiero, chi l’appoggia e sottolinea gli eventuali benefici in campo lavorativo e chi ne rimane ostile perché ritiene che l’IA anche se riuscirà a prendere decisioni personali, non saprà mai cos’è la legge morale.
Stephen Hawking
Ovviamente si spera che questa predizione di Hawking non capiti…fortunatamente o sfortunatamente le uniche IA umanoidi con coscienza che possiamo vedere sono quelle nei film e rimangono un sogno, per ora.